sabato 3 settembre 2011

Il racconto di Paimon

Questo e' il racconto Paimon fa a Calsifer, quando quest'ultimo usa il suo ultimo desiderio per chiedere conoscenza su cosa sta succedendo nella citta': il vecchio, la clinica, gli spiriti dell'indifferenza. Cosa li collega? Cosa c'e' dietro? Ecco cosa dice il Signore delle Risposte:
"C'era una volta, non molti anni fa, una citta'. Era una citta' piccola, ma gioiosa. Gli abitanti erano ricchi e conducevano vite sicure e cadenzate.
La citta' ospitava anche dei cuochi. I cuochi, come la citta', erano piccoli, ma non altrettanto gioiosi. I loro stomaci gorgogliavano di continuo, ed i cuochi non trovavano quiete ne' riposo. Giaceva qualcosa nella loro pance, qualcosa di affamato.
I cuochi, nella loro stoltezza, si diedero un titolo, e si chiamarono savi. Posero l'uno sul capo dell'altro delle corone acuminate, e proclamarono a gran voce che la piccola citta' diventava da quel giorno la loro dispensa personale: avrebbero gestito gli affari della citta' come esperti capocuochi, impiegando una giusta economia e non sprecando nulla. Nel grande disordine che dominava il mondo - e che lo domina tuttora - nessuno impedi' le loro azioni.
Il governo dei cuochi sulla citta' fu lieve, all'inizio. Osservavano, studiavano, e non chiedevano poi molto ai sudditi. Ciascuno dei savi amava sapori differenti, seguendo i propri gusti e le proprie inclinazioni. Nel piccolo regno fu installata una grande cucina, e sempre i cuochi bollivano, mescevano, speziavano e tagliavano. Non passava giorno senza un nuovo piatto, non passava notte senza un nuovo vino. Ricette meravigliose, abbinamenti inimmaginati, i cuochi stupivano il mondo e se' stessi con i frutti della loro arte.

Ma sempre, nelle pance dei savi, il gorgoglio cresceva. E non importava quanto mangiassero, non importava quanto riempissero i loro cuori e le loro menti di miracoli culinari: i loro stomaci sempre li tenevano svegli, e mai trovavano pace. Nessun cibo, ai loro occhi, era gustoso abbastanza.
Tale premessa, lo vedi da solo, non puo' che portare ad un tragico epilogo. I savi si comportarono da stolti, e pensarono che forse se avessero costruito una cucina ancora piu' grande, piu' ampia, e piu' capace, forse avrebbero potuto finalmente concepire una ricetta finale, un banchetto sopraffino che avrebbe posto fine alla loro fame. Cercavano, nella loro stoltezza, le ricette del cuoco personale di Dio.
La tragedia avvenne perche' erano, in realta', davvero vicini a raggiungere il loro obiettivo. E quando si diviene grandi, ogni sbaglio ha conseguenze gravissime.
Quando il grande forno esplose, il destino dei cuochi fu segnato. Uno mori', investito dalle fiamme. Un altro, mio amico di vecchia data, resto' attaccato alla vita con le unghie, ridotto ad un ombra di esistenza. Uno venne investito da un calore cosi' forte che di lui non rimase che un sogno - e credo che tu l'abbia conosciuto. Anche un altro mori', ma non se ne accorse. E l'ultima - l'unica donna tra i cuochi - ne venne cambiata per sempre.
Vedete, fu una grandissima tragedia. Perfino il loro cane, poveretto, venne travolto dalle fiamme e bruttamente sfigurato. Respira ancora, ed ancora latra e morde, ma non e' certo piu' il mastino di un tempo.
La natura ha orrore del vuoto, e qualcuno, in qualche modo, era destinato a riempire quello lasciato dai cuochi. Arrivo' una essere bislacco, sciatto, uno sbadiglio con le zampe. Ma dato che nessuno pote' fermarlo, questo sciacallo entro' nella dispensa e fece razzia. Cio' che pote' mangiare, mangio'. Quel che non pote' mangiare, distrusse. Quando la sua pancia fu gonfia e tesa come un osceno tamburo, figlio', e i frutti del suo ventre divennero per lui occhi, orecchie, e mani. Mani unte, mani che sporcano e rovinano tutto quel che toccano, mani che stanno addosso alla citta'.
E la citta' comincio' a soffrirne. Ne soffre ancora, perche' ancora lo sciacallo cammina per le sue strade. Il suo nome e' Ithko, ed ha fatto del grande tempio la sua tana. Alcuni dicono che fu lui a sabotare il forno ed a causarne l'esplosione. Il contenuto di verita' di queste voci mi e' indifferente: lo sciacallo va punito.
La speranza sta nel tempo. Nel tempo, tu ben sai, ogni ferita guarisce. Il mio caro amico riprese, almeno un po', le proprie forze, e riusci a costituire - anche grazie al mio aiuto, lo ammetto - un piccolo rifugio dove ospitare qualche giovane apprendista cuoco. Le sue condizioni non gli permettono di fare poi molto, ed ogni volta che deve alzarsi dal suo giaciglio lo fa ad un costo di grande fatica. Ma siamo abbastanza soddisfatti del risultato: nel rifugio gli apprendisti stanno sicuri. E' vero, per lo piu' dormono. E quando dormono, spesso sognano. Quando invece non riescono proprio piu' a dormire li mandiamo per strada. I risultati, lo ammetto, finora sono stati modesti.
Ma poi, finalmente, siete arrivati voi. Giovani, forti, intelligenti. Arrivate e sollevate il morale di questi vecchi compagni. Il tuo arrivo, come ricorderai, e' stato una manna, io stesso ne ho tratto grande beneficio, e di questo ti sono infinitamente grato.
Ma tutti e tre, assieme, siete dei regali del destino, siete dei campioni, e come tali vi trattiamo. Quando il vostro apprendistato giunse al termine facemmo in modo di procurarvi il piu' dolce degli inizi, ed ora, in pochissimo tempo, gia' state prendendo le redini della vecchia cucina. Spazzate bene gli angoli, pulite dappertutto, e soprattutto sbarazzatevi degli sciacalli."
Il racconto finisce e lascia Calsifer un po' stordito, ingolfato dalle troppe novita'. Il mago non e' sicuro di aver capito a pieno la metafora della cucina, chiede chiarimenti, protesta per l'eccessiva fumosita' dei dettagli. Paimon sorride, prende la mano del mago e la copre con la sua.

"Non posso aggiungere altro. Tranne questo."

Calsifer sente un bruciore, ritrae la mano di scatto, solo per vedere che sul dorso e' ora tracciato questo simbolo:

(clicca per ingrandire)

E poi e' troppo. La scalata della scala invisibile, il deserto, la tenda, le prove, il racconto, ed ora questo. La mente di Calsifer fa un bel passo indietro, e quando il mago si risveglia giace sul freddo pavimento del Tempo dell'Incoronata. Devono essere passate ore, e' notte, la chiesa e' vuota e silenziosa, ma quando il mago si rialza riesce chiaramente a distinguere che un'ampia parte della navata centrale e' circondata da transenne della polizia, e si possono ancora intravedere delle macchie scure sul pavimento e sulle panche.

2 commenti:

  1. Buuuuu! Era un *desiderio*, gli hai dato troppo poco :P

    (meglio chiedere un livello in più di Prime.)

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  2. Naaaaa :) I giocatori sono svegli, e hanno capito comunque un sacco di cose

    Va inoltre ricordato che Paimon e' un bastardo. Ad esempio la cassa con i grimori (prima e legittima ricompensa di Calsifer) gliela aveva lasciata in casa, ma al di la' del guanto :D

    Inoltre le 'prove' che Calsifer ha dovuto affrontare servivano a farlo desistere o a fregarlo. Quando alla fine ha incontrato Paimon non ha voluto lamentarsi, ma nel caso, Paimon si sarebbe giustificato cosi':
    - il ronzio che spaventa: "ma non e' vero che volevano intimorirti! i miei insetti ronzano sempre, che altro potrebbero fare?"
    - le lucciole assassine: "ma le lucciole volevano solo farti arrivare prima alla lampada. Poverette, non sono tanto agili, e ogni tanto ti lasciavano cadere, ma non e' colpa loro"

    La regola "non aspettarti generosita' da un figlio di puttana" e', come al solito, sempre attiva.

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